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Storia
Pubblicato nel dicembre 1989 in " Il menabò imperiese", anno VII, n. 2, pp. 10-12, e ripubblicato in questo sito il 16 giugno 2007.
LA "FUGA" DI DRAGUT,
ANDREA DORIA E IL BONFADIO
.....Il corsaro Dragut è stato un personaggio sinistramente noto nella regione mediterranea nord-occidentale nei decenni di mezzo del Cinquecento.
.....Cresciuto alla scuola del terribile Barbarossa, egli ha seputo imporsi presto all'attenzione generale per la portata delle sue imprese piratesche. Per tale ragione nel giugno del 1540 le genti dell’intera area tirrenica, e non soltanto della Liguria, hanno salutato come un evento liberatorio l'impresa di Giannettino Doria, che con una magistrale azione navale è riuscito a chiuderlo in trappola nel golfo di Girolata, nelle acque della Corsica, e lo ha fatto prigioniero.
.....In tutti si è diffusa allora la convinzione che il corsaro non avrebbe mai più saccheggiato le coste liguri.
.....Purtroppo non è stato così. Incatenato al remo su una galea di Andrea Doria, nella notte tra il 14 e il 15 febbraio 1543, mentre la flotta del Principe attendeva il compimento della stagione invernale all'ormeggio nel porto di Genova, Dragut è riuscito a sorprendere tutti e a fuggire insieme a un suo compagno di prigionia. Immediatamente ne sono state informate le autorità cittadine e sono stati messi in atto i provvedimenti che si era soliti attuare in casi simili.
.....Nella prima mattinata il pubblico banditore Francesco Colio è stato inviato ad avvertire la popolazione della sparizione del pericoloso corsaro con l'annuncio dei trombettieri e con la lettura del bando con "alta e intellegibile voce", nei luoghi nei quali era solito rendere pubblici i proclami e, data l'importanza dell'evento, in altri luoghi non consueti.
.....La grida dava notizia che si sarebbe «datto un buon beveraggio e fattoli buona mancia» a chi avesse fornito delle informazioni utili per riagguantare il fuggitivo e per contro minacciava pene severe, ad arbitrio dell'autorità, a chi eventualmente avesse taciuto qualsiasi notizia. Poche ore più tardi il banditore è stato comandato a ripetere lo stesso percorso per precisare, con un ulteriore annuncio, le ricompense e le pene soltanto accennate in precedenza. Esse stabilivano che chiunque avesse avuto delle notizie o meglio ancora fosse riuscito a catturare il corsaro, avrebbe dovuto riferire o consegnarlo direttamente al legittimo proprietario, il Principe Andrea Doria, sotto pena della vita e con ricompensa, a secondo del caso, della taglia del corsaro. A chi avesse fornito una collaborazione determinante veniva promesso un premio di duecento scudi, se libero cittadino, e la restituzione della libertà e un donativo di cento scudi d'oro, se si fosse trattato invece di uno schiavo.
.....Questi sono i fatti che si ricavano dagli atti del cancelliere della Repubblica Francesco Di Negro Pasqua, conservati nell'archivio di stato di Genova.
.....Inutile dire che né la lusinga di una buona ricompensa, né la minaccia di pene tanto severe sono servite per far riagguantare il corsaro, che negli anni seguenti, forse per vendicarsi dell'affronto subito nei quasi tre anni di detenzione sulle galee del Principe, è tornato spesso a saccheggiare le coste liguri, apportando gravi devastazioni e lutti a Monterosso, Corniglia, Manarola, Laigueglia, San Lorenzo, Santo Stefano, Rapallo, San Fruttuoso, Ospedaletti, La Colla di Sanremo e Bergeggi.
.....Sulla dinamica della fuga di Dragut, o meglio sul modo in cui egli ha riacquistato la libertà, esiste un'altra versione, totalmente diversa, dovuta allo storico ufficiale della Repubblica di Genova Jacopo Bonfadio. Egli ha lasciato scritto: «Era in questo tempo ogni cosa quieta e pacifica in Genova, e grandissima abbondanza di vettovaglie. Mandò egli (il Barbarossa) ad Andrea Doria mille cinquecento scudi per riscatto di Dragut, la liberazione del quale fosse piaciuto a Dio che non avesse conseguito; perciocché recò poscia ogni giorno maggiore calamità ai Genovesi, ed a guisa di leone sbucato dalla tana indomito, andò furibondo, e per tutto il mare incrudelì empio e spaventoso.»
.....Le sue affermazioni sono sorprendenti, sia per la divergenza con i documenti redatti dal cancelliere della Repubblica, che per l'esplicita accusa rivolta ad Andrea Doria di aver concluso un’esecrabile intesa col Barbarossa a danno delle genti liguri.
.....In proposito però bisogna fare alcune considerazioni. Innanzi tutto è opportuno tenere presente che l'incarico di storico della Repubblica è stato conferito al Bonfadio soltanto nel novembre del 1544 e che nel febbraio dell'anno precedente, quando sarebbe avvenuta la fuga, egli era lontano da Genova. Egli inoltre ha collocato l’episodio nell'estate del 1544, dimostrando perciò di avere una conoscenza degli eventi veramente deficitaria. D'altronde nell'opera dello storico, anche in particolari riferiti agli anni seguenti, si trovano delle palesi inesattezze e delle discordanze che appaiono incomprensibili se confrontate con gli atti ufficiali conservati negli archivi genovesi. Per fare un esempio, e per restare in tema, egli ha lasciato scritto che Dragut e i suoi accoliti nel 1549 hanno assaltato Rapallo, dove avrebbero fatto un buon bottino e avrebbero catturato un centinaio di persone, perché favoriti dalla mancanza di un adeguato servizio di guardia; la relazione inviata a Genova dal podestà di quella cittadina invece riferisce di qualche vittima soltanto e sostiene che i danni alle persone sono stati limitati proprio grazie all'efficienza del servizio di guardia, che ha dato tempestivamente l'allarme consentendo ai più di trovare scampo nella fuga.
.....L'accusa lanciata dal Bonfadio in relazione alla libertà ritrovata da Dragut comunque è rimasta appiccicata ad Andrea Doria. Gli storici venuto dopo, infatti, hanno costantemente fatta loro la sua versione (scrisse Anatole France: «Gli storici si copiano l'un l'altro, così si risparmiano la fatica.»), affaccendandosi inoltre per individuare delle convenienze tali da spingere il Principe a commettere quell’atto, pur sapendolo inviso all'opinione pubblica; il prezzo del riscatto riferito dal Bonfadio, ritenuto esiguo in rapporto all’importanza del personaggio, da solo non poteva apparire un motivo sufficiente.
.....Ma da quale mano è stata scagliata la prima pietra, o meglio, da quale penna è stata lanciata la prima accusa?
.....Il Bonfadio è un personaggio la cui esistenza presenta ampie zone d’ombra e le benemerenze letterarie non sono bastate ad evitargli una fine tragica. Accusato di sodomia, egli è stato giustiziato a Genova il 19 luglio 1550; gli è stata risparmiata però la pena del rogo, prevista per quel delitto, ed è stato invece decapitato in carcere, poi il suo cadavere è stato arso pubblicamente.
.....Come è accaduto altre volte a Genova in casi simili, le ragioni della condanna del Bonfadio non appaiono del tutto chiare. Già tra i suoi contemporanei vi è stato chi ha prospettato l'ipotesi tutt'altro che avventata che l'imputazione di sodomia sia stata utilizzata per occultare quella di eresia, che prevedeva la stessa pena e solitamente era evitata dalle autorità genovesi; altri invece hanno dato per certo che le sue sventure fossero dovute allo sfavore di qualche potente famiglia genovese, risentita per le incaute rivelazioni o i giudizi poco lusinghieri espressi negli Annalium. Questa supposizione, per quanto espressa in modo generico, appare come un ulteriore atto d'accusa ad Andrea Doria.
.....Ma in definitiva è possibile che il racconto del Bonfadio, che si pone in evidente contrasto con gli atti ufficiali del cancelliere, sia stato inventato di sana pianta? E quali potrebbero esserne i motivi ispiratori?
.....Rileggendo attentamente le carte e contestualizzandole opportunamente, può apparire verosimile che lo scrittore abbia ignorato deliberatamente i documenti agli atti, forse ritenendo che Andrea Doria avesse inscenato la fuga del corsaro per tenere nascosta alla città l'intesa col Barbarossa. Non è azzardato inoltre ipotizzare che il suo racconto sia stato ispirato da voci diffuse negli ambienti cittadini a lui più vicini o che addirittura egli possa essere stato oggetto di strumentalizzazione in tal senso da parte di qualcuno, oppositore del Principe, che poteva vantare su di lui una certa influenza; questa eventualità oltretutto potrebbe essere stata favorita dalla sua comprensibile carenza di notizie dirette, essendo egli giunto a Genova quasi due anni dopo l’accaduto.
.....E' evidente comunque che allo stato attuale delle conoscenze non è possibile dare un’interpretazione certa dei fatti e lascio perciò alla libera interpretazione del lettore qualsiasi ulteriore considerazione, ben convinto di avere fornito materia sufficiente a chi avesse voglia di lambiccarsi il cervello con elucubrazioni senza sbocco.
Giorgio Fedozzi
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Note bibliografiche e archivistiche:
ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA, sala B. Senarega, ff. 426 e 1242.
J. BONFADIO, Annalium Genuensium ab anno 1528 recuperatae Libertatis usque annum 1550, p. 122.
G. FEDOZZI, Corsari e pirati in Liguria, Imperia 1998.
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